mercoledì 18 aprile 2018

Il formaggio tra leggenda, mitologia e storia

L'arte casearia si basa da sempre su pochi elementi di base: latte, caglio, calore, sale.
       L'odierno vocabolo "formaggio" è una derivazione della parola "formos"; con questa gli antichi greci solevano indicare il paniere di viminParrebbe che l’invenzione del formaggio si debba ai pastori che circa 18 mila anni fa popolavano la Mesopotamia. Alcuni studiosi ritengono che i tartari, i tibetani e i persiani furono i primi a cimentarsi strutturalmente nell’arte casearia, ma non esistono fonti documentali che lo attestino. 

     Al momento la fonte più antica che testimonia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte è un bassorilievo sumero datato III millennio a.C. Nel “Fregio della latteria” (questo è il nome attribuito all’epigrafe) sono rappresentati dei sacerdoti impegnati nella lavorazione del latte. 
       Fu nel 5 mila a.C. che in Italia si diffuse l’allevamento di ovini e caprini. Fonti archeologiche permettono di datare nel
2800 a.C. l’inizio della produzione di un formaggio molle.i nel quale era d'uso riporre il latte cagliato per dargli forma. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani, che a sua volta si trasformò nell'antico francese in "formage" per arrivare infine ad assumere le moderne versioni nelle varie lingue. 
     L'origine del formaggio si intreccia con le abitudini dell'uomo primitivo, che si pose di fronte alla necessità di poter utilizzare, il più a lungo possibile, le capacità nutritive del latte degli animali allevati. Un po' l'ingegno, un po' la casualità, consentirono di giungere alla scoperta della cagliata e quindi del formaggio. La sua vera origine si perde in una leggenda che vede come protagonista un mercante arabo. Egli dovendo attraversare il deserto, come alimento, portò con sé del latte fresco contenuto in una bisaccia di stomaco di pecora. Il caldo, il movimento, gli enzimi presenti sulla parete dello stomaco della pecora, riattivati dal calore, acidificarono e coagularono il latte trasformandolo in “formaggio”. Successivamente, nei secoli l'arte casearia si sviluppò, mantenendo tuttavia costanti gli elementi di base: latte, sale, calore, caglio. 
      Delle origini del formaggio se ne parla anche nella mitologia e nella letteratura greca. Secondo Omero, Zeus fu nutrito con il latte e i sublimi formaggi della capra Amaltèa, il cui corno simboleggiava la cosiddetta cornucopia dell'abbondanza. 
Ed è sempre Omero che, nel IX libro dell'Odissea, descrive minuziosamente il ciclope-pastore Polifemo intento alla mungitura delle pecore  e alla trasformazione del latte in formaggio. 
      Altre fonti storiche ci informano che durante le olimpiadi, la principale fonte di energia degli atleti era del formaggio impastato con olio di oliva, farina, frutta e miele. 
       L'arte della preparazione del formaggio con l'uso anche di cagli vegetali (rametti o succo di fico, zafferano, carciofi, aceto), fu messa a punto dagli etruschi e trasmessa ai romani, che ne fecero quasi "un'industria". Nelle tenute di campagna si produceva il formaggio, lo si consumava in loco e se ne vendeva l'eccedenza. 
      Marco Terenzio Varrone illustra i principali tipi di formaggi consumati nel II secolo a.C. (vaccini, caprini e ovini freschi e stagionati) e nel De rustica, documenta come il gusto dell’epoca fosse rivolto ai formaggi ottenuti con il caglio di lepre o capretto, anziché di agnello. 
      Virgilio segnala che la razione giornaliera di pecorino dei legionari era equiparabile a 27 gr, ed aveva la funzione di ridurre la fatica. 
  Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), a dimostrazione dell'importanza che il formaggio ricopriva nell'alimentazione, riporta un elenco dei prodotti caseari italici più rinomati a Roma. Nei banchetti dell’età imperiale, con il formaggio si arrivò addirittura a realizzare raffinate preparazioni culinarie. I romani portarono queste conoscenze e tecniche anche in buona parte dei loro domini, come prova la diffusione del termine “caseus” (cacio) in quasi tutte le lingue europee: dall'inglese "cheese" al tedesco "kase", dall'olandese "kaas" allo spagnolo "queso". 
    Columella nel "De Re Rustica" descrive metodi di preparazione che non si differiscono da quelli applicati nei moderni caseifici, mentre l'imperatore Diocleziano arrivò ad emettere un'ordinanza sulla salagione e commercializzazione del formaggio stagionato e di quello fresco avvolto in foglie. 

Fonti: 
Sito: "Taccuinistorici.it"
Sito: "Tagonabo - Gutta cavat lapidem"

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